Secondo una ricerca firmata Capgemini, il 90% delle posizioni lavorative che si apriranno il prossimo anno negli Stati Uniti richiederanno competenze nell’area dell’information and communication technology. Oltre la metà delle aziende prese in considerazione, fa notare FastCompany, evidenzia che le competenze di cui ha bisogno sono quelle legate all’uso dei social media, ma resta la preoccupazione di non riuscire a trovare i talenti necessari. Il problema, in realtà, non riguarda solo le aziende, ma ha effetti anche sul Pil. Lo scorso anno, infatti, McKinsey stimava che i progetti legati ai social media potrebbero rappresentare un giro d’affari di 1,3 miliardi di dollari.
Per cercare di colmare il vuoto di talenti sul fronte dei social, la maggior parte delle aziende tende ad assumere nativi digitali. Questa politica, secondo William Ward, professore di social media alla Syracuse University, sarebbe in realtà un errore, perché esponenti della generazione digitale usano Facebook, Instagram e Twitter principalmente per mantenere i contatti con i loro pari.
Gli studenti, secondo il professore, non sono preparati dalla scuola a uno strategico dei social. Tendenzialmente, mancano della capacità di afferrare lo scenario allargato e non sono in grado di comprendere come i social media possano aiutare il business a raggiungere i propri obiettivi. Senza contare che, proprio per la tipologia di presenza sui social media, molti candidati non passano nemmeno le selezioni. Le aziende, dunque, si trovano di fronte a una situazione paradossale: i nativi digitali che si sentono a casa sui social non hanno l’esperienza dei professionisti navigati, mentre questi ultimi non hanno le conoscenze dei social media che i più giovani posseggono.
Il problema non è semplicemente teorico: per avere un’idea della direzione in cui evolve il business, vale l’esempio dell’ospedale newyorkese Mount Sinai che conta oltre 97mila like su #Facebook, 25mila follower su #Twitter e quasi un milione di view su #Google+. Attualmente, sono 800 i dipendenti che interagiscono con i pazienti sui social, gestiscono i canali professionali personali, inviano suggerimenti, post e articoli. “I nostri dipedenti sono le persone che si interfacciano direttamente con i pazienti, quindi nessun altro ci può rappresentare meglio online”, commenta John Ambrose, social media director dell’ospedale che, inoltre, ha messo a punto dei corsi ad hoc per medici, infermieri, tecnici e tirocinanti a cui insegna come usare correttamente le varie piattaforme. Il Mount Sinai, e non è certo un caso isolato, valuta le candidature tenendo conto della presenza ed esperienza con i social media.
A questo proposito, gli esperti suggeriscono ai selezionatori di monitorare il modo in cui un candidato interagisce e comunica sui social media e di dare la preferenza a quelli che dimostrano di aver capito che i social non servono solo per condividere contenuti, ma anche per espandere il proprio network ed entrare in contatto con le persone.
Tratto da Panorama.it